Hoy he regalado esta ciudad. A menudo pienso en cómo se ha perdido la noble y bella tarea del regalo, del cuidadosamente elegido regalo, el que tiene detrás todo un argumento afectivo. Luego pienso si se ha perdido o si, en realidad, nunca fue frecuente. Y ahí soy yo el que se pierde. En cualquier lugar, no deja de sorprenderme lo escaso del asunto, lo poco que abunda. Y, en realidad, tampoco me sorprende en este camino que hace ya siglos emprendimos donde la atención, el cuidado, el desinterés, la belleza, el afecto, los detalles... no son precisamente las plantas que jalonan el sendero.
A mí hace dos días me desearon la libertad de los mochuelos. Qué más se puede pedir.
Las ciudades escondidas. 1
A mí hace dos días me desearon la libertad de los mochuelos. Qué más se puede pedir.
Las ciudades escondidas. 1
En
Olinda, el que va con una lupa y busca con atención puede encontrar en alguna
parte un punto no más grande que una cabeza de alfiler donde, mirando con un
poco de aumento, se ven dentro los techos las antenas las claraboyas los
jardines los tazones de las fuentes, las rayas de las calzadas, los quioscos de
las plazas, la pista para las carreras de caballos. Ese punto no se queda ahí:
después de un año se lo encuentra grande como medio limón, después como un
hongo políporo, después como un plato de sopa. Y entonces se convierte en una
ciudad de tamaño natural, encerrada dentro de la ciudad de antes: una nueva
ciudad que se abre paso en medio de la ciudad de antes y la empuja hacia
afuera. Olinda no es, desde luego, la única ciudad que crece en círculos concéntricos,
como los troncos de los árboles que cada año aumentan un anillo. Pero a las
otras ciudades les queda en el medio el viejo recinto amurallado, ceñidísimo,
bien apretado, del que brotan resecos los campanarios las torres los tejados
las cúpulas, mientras los barrios nuevos se desparraman alrededor como saliendo
de un cinturón que se desata. En linda no: las viejas murallas se dilatan,
llevándose consigo los barrios antiguos, que crecen en los confines de la
ciudad, manteniendo las proporciones en un horizonte más ancho; éstos circundan
barrios un poco menos viejos, aunque de perímetro mayor y afinados para dejar
sitio a los más recientes que empujan desde adentro; y así hasta el corazón de
la ciudad: una Olinda completamente nueva que en sus dimensiones reducidas
conserva los rasgos y el flujo de linfa de la primera Olinda y de todas las
Olindas que han brotado una de la otra; y dentro de ese círculo más interno ya
brotan —pero es difícil distinguirlas— la Olinda venidera y aquellas que
crecerán a continuación.
Las ciudades invisibles .
Italo Calvino. Traducción
de Aurora Bernárdez.
Le città nascoste. 1
A Olinda, chi ci va con una lente e cerca con attenzione può trovare da
qualche parte un punto non più grande d'una capocchia di spillo che a guardarlo
un po' ingrandito ci si vede dentro i tetti le antenne i lucernari i giardini
le vasche, gli striscioni attraverso le vie, i chioschi nelle piazze, il campo
per le corse dei cavalli.
Quel punto non resta lì: dopo un anno lo si trova grande come un mezzo limone, poi come un fungo porcino, poi come un piatto da minestra.
Ed ecco che diventa una città a grandezza naturale, racchiusa dentro la città di prima: una nuova città che si fa largo in mezzo alla città di prima e la spinge verso il fuori.
Olinda non è certo la sola città a crescere in cerchi concentrici, come i tronchi degli alberi che ogni anno aumentano d'un giro.
Ma alle altre città resta nel mezzo la vecchia cerchia delle mura stretta stretta, da cui spuntano rinsecchiti i campanili le torri i tetti d'embrici le cupole, mentre i quartieri nuovi si spanciano intorno come da una cintura che si slaccia.
A Olinda no: le vecchie mura si dilatano portandosi con sé i quartieri antichi, ingranditi mantenendo le proporzioni su un più largo orizzonte ai confini della città; essi circondano i quartieri un po' meno vecchi, pure cresciuti di perimetro e assottigliati per far posto a quelli più recenti che premono da dentro; e così via fino al cuore della città: un'Olinda tutta nuova che nelle sue dimensioni ridotte conserva i tratti e il flusso di linfa della prima Olinda e di tutte le Olinde che sono spuntate una dall'altra; e dentro a questo cerchio più interno già spuntano - ma è difficile distinguerle - l'Olinda ventura e quelle che cresceranno in seguito.
Quel punto non resta lì: dopo un anno lo si trova grande come un mezzo limone, poi come un fungo porcino, poi come un piatto da minestra.
Ed ecco che diventa una città a grandezza naturale, racchiusa dentro la città di prima: una nuova città che si fa largo in mezzo alla città di prima e la spinge verso il fuori.
Olinda non è certo la sola città a crescere in cerchi concentrici, come i tronchi degli alberi che ogni anno aumentano d'un giro.
Ma alle altre città resta nel mezzo la vecchia cerchia delle mura stretta stretta, da cui spuntano rinsecchiti i campanili le torri i tetti d'embrici le cupole, mentre i quartieri nuovi si spanciano intorno come da una cintura che si slaccia.
A Olinda no: le vecchie mura si dilatano portandosi con sé i quartieri antichi, ingranditi mantenendo le proporzioni su un più largo orizzonte ai confini della città; essi circondano i quartieri un po' meno vecchi, pure cresciuti di perimetro e assottigliati per far posto a quelli più recenti che premono da dentro; e così via fino al cuore della città: un'Olinda tutta nuova che nelle sue dimensioni ridotte conserva i tratti e il flusso di linfa della prima Olinda e di tutte le Olinde che sono spuntate una dall'altra; e dentro a questo cerchio più interno già spuntano - ma è difficile distinguerle - l'Olinda ventura e quelle che cresceranno in seguito.
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